Le tecnologie digitali del Web 2.0

Che cos’è il software? Più volte abbiamo affrontato in classe la questione del software. Il prof.Andreas Formiconi lo definisce una “sostanza” che da un lato è semplice testo e dall’altro magia, capace di trasformare un computer in qualsiasi altra cosa, laddove per computer si deve intendere tutto ciò che ben conoscete: computer veri e propri, telefoni, tablet e tutti gli ibridi che stanno di mezzo e anche tutta l’internet. È semplice testo per coloro che lo creano, scrivendo istruzioni in un editore di testo, è magia per tutti gli altri. Non vi chiedo certo di acquisire abilità di programmazione ma di avere consapevolezza della natura degli strumenti software che state usando, che userete sempre per tutta la vita, la consapevolezza che non siete obbligati ad usarne un certo tipo solamente perché l’avete trovato nel computer e infine, la consapevolezza che la scelta del software comporta ben precise implicazioni economiche e sociali. Il software è quello strumento che può trasformare il computer in qualsiasi altra cosa: una macchina per scrivere, una macchina per fare musica, per dipingere, per fare disegno tecnico, per scambiarsi lettere, per cooperare e mille altre cose. Non solo, oggi con il software si può trasformare internet in qualsiasi cosa, perché tutto ciò che può fare un computer oggi lo può fare anche Internet, e molto di più. Tutto questo crea delle opportunità meravigliose ma, come è naturale, presenta anche tanti nuovi problemi. Durante l’anno verranno svolte delle considerazioni a riguardo. Qui mi limito a mostrare le varietà di software fondamentali nel modo più sintetico possibile.
Per prima cosa su un qualsiasi dispositivo tic deve essere installato un software propriamente detto, ne esistono diverse tipologie:
•Software libero: software sviluppato da comunità di programmatori che credono in un’etica della condivisione. Sono i veri hacker. Il loro software è distribuito liberamente insieme al codice sorgente, ovvero alle istruzioni di programmazione che così ciascuno può leggere e, se è in grado, può modificare. Chi vuole può (non è un compito) dare un’occhiata alla definizione di software libero di Wikipedia. Un esempio di software libero: LibreOffice.
•Software open source: software distribuito liberamente insieme al codice sorgente da programmatori oppure anche da aziende. Le aziende possono trovare convenienza nella libera distribuzione di certe versioni dei loro prodotti nell’ambito delle loro strategie di marketing. Ecco la definizione di software open source di Wikipedia. La differenza rispetto al mondo del software libero è che chi fa software open source non si pone alcun problema etico, mentre chi fa software libero individua un nesso diretto fra la scrittura e l’impiego del software e la libertà d’espressione degli individui. Esempio di software open source: OpenOffice.org.
•Software proprietario: software che viene prodotto da un’azienda e venduto senza i codici sorgente in chiaro, ma solo nel formato cosiddetto eseguibile, cioè in grado di girare su un computer. Questo software deve essere acquistato o sotto forma di CD o DVD appositamente preconfezionati o scaricato direttamente dalla rete in seguito ad un pagamento con carta di credito. Contrariamente al caso del software libero o open source, utilizzare software proprietario che non sia stato regolarmente acquistato costituisce un illecito perseguibile a termine di legge. Esempio di software proprietario: Microsoft Office.
Ci sono poi i web service, che svolgono le stesse funzioni di un software ma semplicemente accedendo ad appropriate pagine web mediante un browser internet, tipo Mozilla, Firefox, Chromium, Internet Explorer, Safari o altri simili. In questo caso non c’è niente da installare sul proprio computer. Uno dei vantaggi principali dei web service è che molto spesso consentono alle persone di lavorare in collaborazione, ovunque esse si trovino. Nella maggior parte dei casi l’impiego di tali servizi è gratuito, basta registrarsi. In realtà gratuito in senso lato non è, perché si “paga” mettendo a disposizione parte della propria identità. Esempi di web service con account sono Drive e Zoho, che riproducono le funzionalità delle note suite tipo “Office”. Un esempio di servizio che invece non richiede account, può essere quello di Piratepad, una sorta di editore di testo semplice tipo Blocco note (se usate Windows, dove in inglese si chiama Notepad) o TextEdit (utenti Mac) o Gedit o Vi(utenti Linux). Uno dei significati della parola pad è taccuino. Quindi le versioni elettroniche, i cosiddetti editori di testo possono essere pensati come strumenti di scrittura semplificati, buoni per buttar giù degli appunti. In realtà le differenze fra questi e i cosiddetti word processor, tipo Word e derivati, sono più rilevanti, ma parleremo più avanti sulla differenza fra gli editori di testo e i word processor.
Piratepad è invece un editore di testo che si presenta sotto forma di servizio web, consentendo di elaborare testi in modo condiviso. Tali testi, elaborati in rete nella forma di appunti di lavoro condivisi, in gergo vengono chiamati tout court pad. Piratepad non va certo confuso con strumenti di word processing. Sono due cose diverse. Si tratta di uno strumento usato primariamente da comunità di hacker e gruppi di attivisti (Pirati appunto) perché l’hanno trovato congegnale allo sviluppo dei loro progetti, in forme collaborative leggere, dinamiche, online, e se lo sono forgiato così perchè fa comodo loro cosi.
…c’è un gruppo di insegnanti francesi di lingue antiche che lo usano a mo’ di wiki per i lavori di classe: vedi il loro Tutoriel : Tutoriel : Traduction collaborative avec Piratepad, éditeur de texte collaboratif en ligne.
Non va assolutamente bene per tenerci documenti, non c’è nessuna garanzia di persistenza. Ma sarebbe sciocco pretenderlo. Quando si usa va sempre esportato il contenuto – ma questo è vero anche con tutto il cloud. Non c’è nemmeno nessuna garanzia che qualcuno vi visiti indebitamente il vostro pad: godetevi l’assenza di account ma siate consapevoli di essere all’aperto; basta salvare localmente e eventualmente ripristinare una versione precedente nella timeline. Se aprite un documento in PiratePad, prendete nota (copia-incollate) del suo indirizzo URL, è con questo che poi lo ritroverete là fuori. Potete anche crearlo “imponendo” un URL che vi piace, tipo http://pirate.pad/ e poi aggiungendo quello che volete, pippo, ilmiopad, ecc. Non vi affezionate troppo ai colori, riaccedendo da macchine diverse possono cambiare, servono lì per lì. Non può nemmeno essere paragonato ai wiki, strumenti adatti alla collaborazione di comunità che possono essere assai vaste, strutturabili come veri e propri siti articolati in gerarchie di pagine e ammennicoli vari. Va benissimo invece per buttarci dentro delle note su cui lavorare in piccoli gruppi. Costa veramente zero: né $ né identità. Disponibilità ubiquitaria, puro strumento di rete: chiaro che soffre le connessioni ballerine e i sovraccarichi di rete.
il link del pad: http://piratepad.net/ascuolaconmarvi-3-d
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